Osservavo chicchi. Tanti chicchi. Era un periodo buio. Erano Arancionissimi chicchi di mais con una punta di bianco. Stavano vicini vicini, corpo a corpo, spalla a spalla, silenziosi e anonimi. Nella folla. Un nome forse l’avevano ma non si riconoscevano per strada. Co n’ondata di calore appassionato uscirono man mano fuori dal guscio. A gruppetti. Erano diventati tutt’a un tratto esuberanti, spumeggianti, unici, irriverenti, inimitabili. Magnifiche presenze. Sentii la vita Esplosiva. Come potevo stare lì indifferente? Mi guidava una continua meraviglia. D’un tratto l’urgenza di celebrare la vita appassionata. La natura libera di assumere le forme più spontanee e inimmaginabili e straordinarie. Fu un lasciarsi cullare. E Annusai la bellezza dei fondali che sale su in superficie. Esplorai le forme della felicità. E coniugai la bellezza imperfetta a quella carica dirompente di energia e vitalità. Fu si un cullarsi. Perdersi per ritrovarsi.